Il Brasile rischia di diventare uno dei più forti focolai di Coronavirus al mondo. Nei giorni scorsi i dati ufficiali parlavano di circa 60 mila casi di contagio e oltre 4000 morti, ma gli scienziati delle università di San Paolo e Brasilia ritengono che gli infettati soltanto nell’ultima settimana siano tra i 587 mila e 1,1 milioni. I sistemi sanitari di Rio de Janeiro e di altre grandi città sono sull’orlo del collasso, non possono più accettare nuovi pazienti o possono farlo solo quando altri guariscono o muoiono. A Rio si sta per aprire un ospedale da campo e un altro sarà allestito nello stadio Maracanà.
La paura più grande riguarda naturalmente le favelas, dove mancano i servizi di base, la popolazione vive in case spesso affollate, la sanità pubblica è poco presente e di scarsa qualità. Questo in modo particolare al nord, nella regione amazzonica, dove a Belem, capitale del Parà, i reparti di terapia intensiva sono pieni, almeno 200 operatori sanitari sono stati contagiati e mancano i medici.
E nel Parà il virus è arrivato anche a Marituba, la città sviluppatasi attorno a un vecchio lebbrosario nella quale monsignor Aristide Pirovano operò nell’ultima stagione della sua intensa esistenza missionaria. Dopo settimane in cui la situazione sembrava poter rimanere sotto il livello di guardia, la pandemia ha attecchito con tutta la sua pericolosità anche qui: i contagiati hanno ormai superato quota mille e si sono registrati una cinquantina di decessi.
Tra questi ultimi c’è purtroppo anche il dottor Avelar Feitosa, direttore sanitario del Ospedale Divina Provvidenza, creato e gestito da oltre un ventennio dai Poveri Servi dell’Opera Don Calabria e punto di riferimento per una popolazione che nell’intera regione supera il milione e mezzo. Tra i primi medici a lavorare nel nosocomio, il dottor Feitosa si è prodigato nell’assistere e curare i pazienti affetti da Covid-19, fino ad ammalarsi lui stesso. Alcune complicazioni hanno reso necessario il suo ricovero in terapia intensiva, fino al decesso.
«Era un professionista che lavorava con lo spirito dell’Opera Calabriana – così lo ricorda fratel Gedovar Nazzari, economo generale dell’Opera -. Una grande persona, come medico e come amico. La sua è una grave perdita per l’Ospedale e per quanti operano a Marituba».
Un ricordo commosso anche da parte di Rosanna Pirovano, presidente degli Amici, che l’aveva conosciuto durante il suo viaggio a Marituba nello scorso autunno, in occasione di un congresso internazionale sulla sanità: «Ho avuto l’onore e il piacere di essere accolta in casa sua con una trentina di ospiti dell’Angola, delle Filippine e del Portogallo. Un’ospitalità straordinaria, che ha coinvolto moglie e figli per quello che lui aveva definito uno “spuntino” e invece era una cena vera e propria: arrosti, minestre, fritti, frutta… Mentre partivo per l’aeroporto mi aveva perfino rincorso sull’auto con un mango gigante e dei cioccolatini per il viaggio. Ma ricordo soprattutto la sua straordinaria cordialità e sono certa che dov’è ora sta benissimo, magari parlando di Marituba con padre Aristide…».
Gli Amici di Monsignor Pirovano si uniscono al dolore della famiglia, della comunità di Marituba e di tutta l’Opera Don Calabria.