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Padre Prashanth: «Padre Aristide sarà “con me” nelle Filippine, la sua spiritualità darà frutti»

«Credo che la spiritualità di padre Aristide possa toccare il cuore e dare molti frutti: nuove vocazioni a Erba, il mio impegno missionario accompagnato dalla vostra preghiera e le vostre opere accompagnate dalla mia». Così padre Paul Prashanth Kumar Pothireddy, missionario indiano del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), ha concluso la serata svoltasi venerdì 1 marzo all’Auditorium della Casa della Gioventù di Erba, dove ha presentato la tesi sulla spiritualità di monsignor Aristide Pirovano con cui ha recentemente conseguito il dottorato in teologia. La serata – promossa dall’Associazione Amici di Monsignor Aristide Pirovano d’intesa con la Comunità pastorale Sant’Eufemia – ha preceduto di qualche giorno la partenza di padre Paul per la sua nuova destinazione: le Filippine. Prashanth – confratello di Pirovano nel Pime, ma proveniente da un Paese e da una cultura diversi – ha focalizzato il suo studio sulla vita di fede del Vescovo erbese, che in essa radicava le sue rinomate doti di audacia, intraprendenza e grande concretezza.

L’incontro è stato introdotto dal Prevosto di Erba, monsignor Angelo Pirovano, che ha ringraziato padre Paul per il suo lavoro: «Noi ricordiamo padre Aristide come l’uomo del “fare”, della grande generosità verso gli altri – ha detto -. Questo studio ci permetterà di scoprirne qualcosa di più e di darci un’immagine più profonda e più ricca della sua figura». E poi l’augurio per la sua prossima esperienza: «Arricchisca lui e le persone che lo accosteranno nel suo cammino».

Successivamente ha preso la parola la Presidente degli Amici Rosanna Pirovano, che ha ricordato come è nato e si è sviluppato il rapporto tra l’associazione e padre Paul, che ha concelebrato il 3 dicembre la Messa nel carcere milanese di San Vittore a 80 anni dall’arresto di padre Aristide («un momento di straordinaria emozione») e poi il 3 e 4 febbraio le Messe a Erba nell’anniversario della morte del Vescovo missionario. La Presidente – che era presente alla discussione della tesi presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale – ha accennato poi al suo recente viaggio a Marituba, per l’inaugurazione dell’apparecchiatura per la risonanza magnetica acquistata dall’Ospedale Divina Provvidenza dell’Opera Don Calabria anche grazie al contributo degli Amici: «Siamo diventati “Ministri della Provvidenza”!», ha commentato mostrando la targa consegnatale nella circostanza. Anche lei ha assicurato a padre Paul la preghiera di tutti gli Amici.

Prashanth ha 42 anni ed è originario di un piccolo villaggio del Telangana, Stato dell’India centrale, dove vivono i genitori e un fratello, mentre un altro fratello vive e lavora a Londra. Una regione a maggioranza musulmana, con poche famiglie cristiane, ma con una storica presenza di missionari del Pime che ha influito sulla vocazione di padre Paul: «L’ho avvertita a 7 anni, manifestando l’intenzione di portare Gesù in eucarestia a mia nonna che desiderava riceverlo». Finiti gli studi, a 16 anni, nel suo percorso vocazionale Prashanth ha affrontato anche il faticoso trasferimento in un’altra località, a 400 km di distanza, fino all’ingresso in Seminario e all’ordinazione sacerdotale, come missionario del Pime, nel 2010. Ha lavorato in India per 3 anni; poi, nel 2013, è stato assegnato a Macapà, la diocesi brasiliana fondata da padre Aristide negli anni Cinquanta. «Là sentivo continuamente parlare di lui e di quanto aveva fatto – ha raccontato -. Lo ricordavano i sacerdoti e anche le famiglie». Così, quando si è trattato di decidere il tema della tesi, dopo aver pensato a San Francesco, a Don Bosco e ai martiri del Pime, la sua scelta è caduta su monsignor Pirovano. Ma perché la spiritualità? «Perché non se ne è mai parlato e perché il suo cammino indica chiaramente che era un uomo guidato dallo Spirito Santo».

La ricerca di padre Paul si è basata su libri, testimonianze di confratelli, lettere e testi di Pirovano: «Un “diario spirituale” dove si capisce come nel suo intimo vivesse la vita di Cristo, lasciando tutto per lui, abbracciando la sua croce e portandolo con sé nella sua missione». A colpire maggiormente Prashanth sono stati una frase di padre Aristide («saper dare il sorriso più che il portafoglio») e il suo atteggiamento verso i poveri: «Non è sufficiente andare verso di loro, occorre che loro “entrino” dentro di noi con la loro dignità e umanità». Moniti significativi anche oggi per noi, «troppo indaffarati nelle nostre incombenze e mai abbastanza preoccupati di dare amore agli altri». Sorprendente, per padre Paul, anche la capacità di Pirovano di adeguarsi ai “segni dei tempi”: «Lui è passato attraverso epidemie, la guerra, il Concilio e non si è cristallizzato, ha sempre saputo cambiare, anche quando era ormai anziano».

Prima di discutere la tesi padre Paul è venuto a Erba, in preghiera sulla tomba del Vescovo: «Volevo vedere la sua città e anche “sentire” la sua forza… In quei giorni ero nervoso, avevo paura, non dormivo bene… Gli ho chiesto aiuto, un’ispirazione, gli ho domandato perdono se non avessi fatto bene…». In realtà è andata benissimo: dopo una discussione approfondita («un’ora e mezza invece della consueta mezzora») e molte domande, padre Paul è stato premiato con un rotondo 30/30. E la tesi potrebbe rappresentare un work in progress, dato che, come ha scritto lui stesso nel testo, «al termine di questo lavoro l’autore si rende conto che quello che è stato presentato è un primo approccio alla spiritualità di monsignor Pirovano, che molto probabilmente richiederebbe un ulteriore approfondimento». «Arrivare nel profondo del cuore di un uomo richiede tempo e un’analisi attenta – ha spiegato -. Pensiamo ai suoi ultimi giorni, quando era già gravemente malato: “Io vorrei andare a Marituba a continuare il mio lavoro, però lascio tutto nelle mani di Dio, alla sua volontà”, diceva. Una lezione di umiltà».

Proprio a proposito di Marituba Prashanth ha aggiunto: «Da giovane Pirovano era rimasto affascinato dalla figura di padre Damiano, un missionario morto lebbroso tra i lebbrosi. A Marituba anche lui è andato tra i lebbrosi, che allora vivevano segregati, isolati. Ma non si è limitato ad assisterli, ha fatto in modo di integrarli nella comunità».

Di Marituba ha parlato anche il dottor Aldo Lo Curto, medico volontario itinerante, che nella missione brasiliana tra il 1986 e il 1990 ha collaborato con padre Aristide. Tra ricordi e aneddoti divertenti, di lui ha detto: «Quando lo incontrai, mi colpì la sua apertura mentale davanti al mio atteggiamento “altalenante” verso la fede: capii che avrei potuto collaborare con lui senza essere criticato o discriminato. Quando pregava entrava in una dimensione di assoluta contemplazione che niente al mondo avrebbe potuto perturbare. Aveva un carisma innato e una spiritualità enorme: anche le sue battute, invece di sminuirlo, mostravano che era un grande capace di rimanere con i piedi per terra».

È intervenuto poi don Maurizio Zago, responsabile del Servizio di pastorale missionaria della Diocesi di Milano, che all’inizio dell’anno si è recato in Brasile con l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, visitando anche Macapà. «L’incontro di questa sera ha approfondito la mia conoscenza di quella realtà», ha esordito, ringraziando poi padre Paul «perché, parlando della spiritualità di padre Aristide, ci ha rivelato anche qualcosa della sua: oltre allo studioso è emerso l’uomo di fede». E poi ha aggiunto: «Guardando alle cose realizzate là da padre Aristide verrebbe da dire: “Ma noi qui cosa potremmo fare?”. Studiare invece la spiritualità di un uomo così attivo, pratico e ingegnoso, forse ci aiuta a capire quello che possiamo fare anche noi, andando al cuore delle cose. Mi ha colpito anche sapere che un uomo di questo tipo, nelle varie fasi del suo cammino, abbia saputo cambiare: un esempio per noi, che viviamo un’epoca confusa e difficile e fatichiamo a capire cosa dobbiamo cambiare. In ultimo, porterò con me questo concetto: non solo andare verso i poveri, ma imparare a far entrare i poveri dentro di noi».

Come detto, padre Paul sta ora per partire per le Filippine. Un Paese complesso dal punto di vista politico, dove la convivenza tra le religioni non è serena e i cristiani anzi sono spesso nel mirino degli estremisti. Padre Paul ha ricordato come lo stesso Pirovano, al termine del suo Superiorato al Pime, volesse tornare missionario “sul campo” proprio nelle Filippine, ma non gli fu possibile: «Ora ci vado io, compio la sua volontà… – ha sorriso -. Vado in un posto dove, un mese fa, quaranta persone sono morte per un’esplosione durante la Messa. Ma l’esempio dei nostri missionari mi spinge a partire per testimoniare Cristo anche in quella realtà. E certo sentirò padre Aristide vicino a me…».

 

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